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Arte: Il fonte battesimale della pieve

Un’antichissima tazza battesimale istoriata

Il fonte battesimale della pieve

Il fonte battesimale della pieve di Dairago Come tutte le antiche chiese pievane, anche quella di s. Genesio aveva il battistero ubicato in una cappella esterna dedicata a san Giovanni Battista. Dopo la visita pastorale del cardinale Carlo Borromeo, cui seguirono i relativi ordini, fu demolito il battistero che sorgeva a nord della chiesa, mentre il fonte battesimale, nel 1581, fu collocato all’interno della navata, addossato alla parete settentrionale e chiuso con una recinzione in legno di noce.
L’11 aprile 1711 Giovanni Pietro Rossi, prevosto e vicario foraneo della pieve di Dairago, nel corso della sua visita vicariale in s. Genesio, intimava di rifare i cancelli del battistero, ormai indecenti.
Subito dopo quella data, la locale fabbriceria deve aver provveduto ad ottemperare all’ordine, poiché lo stesso prevosto Rossi, nei documenti di una successiva visita compiuta nel 1719, a proposito del battistero annotava lapidario: “Omnia bene”. A quell’epoca, quindi, era già stata innalzata la bella cancellata di ferro battuto, che per due secoli avrebbe racchiuso il battistero voluto da san Carlo.
Con un ennesimo ampliamento dell’edificio, nel 1906 fu costruita la cappella attuale del fonte battesimale, ricavata nel fianco meridionale della chiesa, chiusa con una parte della cancellata proveniente dal vecchio battistero, un pregevole cimelio dei primi del Settecento.
La pila del fonte battesimale (52 x 52 cm, altezza 42 cm), conservata nell’attuale cappella del battistero in san Genesio, è scolpita in marmo bianco e risale ad un’epoca prossima al Mille. Il prezioso reperto era forse in origine un capitello romanico istoriato, successivamente svuotato per il nuovo impiego; su i suoi angoli sono raffigurati quattro angeli dalle ali spiegate che ricoprono l’intera tazza, inclinati in avanti e vestiti da tuniche strette da un cingolo: uno regge la croce, un altro appoggia la testa sul palmo della mano, un terzo sostiene un libro aperto e l’ultimo stringe una grossa chiave. Il gruppo possiede un evidente significato simbolico ancora da decifrare.

Angelo regge la croce   Angelo appoggia la testa sul palmo della mano   Angelo sostiene un libro aperto   Angelo stringe una grossa chiave

Caduto in disuso, il fonte rimase abbandonato nel giardino della canonica fino al 1928, quando fu venduto ad un antiquario di Arluno, che però venne costretto dalla “Regia Sovraintendenza” a restituirlo al parroco nel 1931; la tazza fu allora adibita ad acquasantiera con il suo basamento originale e collocata all’ingresso della chiesa.
Infine, nella primavera del 1939, la pila fu trasferita nella cappella del battistero per essere reimpiegata come fonte battesimale, appoggiata sopra un piedistallo marmoreo realizzato dalla ditta Redaelli e Barenghi di Milano, recante un’epigrafe latina a ricordo dell’avvenimento.

Le due interpretazioni del cardinal Schuster
A proposito del fonte battesimale, l’arcivescovo di Milano cardinale Ildefonso Schuster, subito dopo la sua visita pastorale a Dairago, compiuta il 20 e 21 maggio 1939, scriveva sul quotidiano cattolico “L’Italia”:

Trattasi di una tazza marmorea battesimale, a forma di capitello, col colletto tanto alla base che all’orlo.
Sui quattro angoli un po’ smussati e sciupati dal millenario consumo – soprattutto adesso che la tazza è ridotta al più modesto uso di acquasantiera – veggonsi quattro interessantissime rappresentazioni simboliche.
Ritti in piedi appaiono quattro personaggi, rivestiti di tunica succinta, col lungo cingolo che scende come un ornamento sino alle ginocchia. Allargano le ampie ali, così da ricoprire tutta intera la tazza, quasi in senso di protezione e di difesa.
Il primo personaggio sostiene innanzi al petto la croce; il secondo appoggia invece la sua testa sulla palma della mano destra, quasi in atto di meditare; mentre il terzo angelo sostiene un libro aperto sulle ginocchia; il quarto mostra una gran chiave.
Non è troppo facile comprendere l’ordine di codesta serie di quattro figure simboliche.
La chiave è quella del cielo, ovvero quella della chiesa e dei Sacramenti? Se si vuole indicare che il Battesimo è la chiave che apre al fedele la porta della Chiesa e l’adito ai Santi Sacramenti, il ciclo dovrebbe incominciare col personaggio alato che tiene codesta gran chiave simbolica.
Seguirebbe l’altro col codice del Vangelo sulle ginocchia; viene poi il terzo, l’angelo della meditazione, che colla mano sostiene la gota; resta da ultimo quello che sorregge la Croce, la quale indica al cristiano il cammino della vita eterna.
Se invece il ciclo simbolico comincia con l’Angelo Stauroforo, il quale potrebbe simboleggiare la prima croce che si imprime sulla fronte del battezzando, il secondo angelo che poggia la mano sulla guancia potrebbe invece alludere al Pax tecum del Vescovo, quando amministra la Confermazione.
Dopo il battesimo, avremmo la rappresentazione simbolica della Cresima.
Il terzo angelo che sostiene il libro del Vangelo, simboleggia indubbiamente l’istruzione catechistica che, dopo la Confermazione, deve accompagnare il fedele per tutta la vita.
Viene finalmente il quarto angelo, colla chiave del Paradiso: è come l’epilogo del dramma della salvezza cristiana: è la conclusione legittima delle tre scene precedenti.
Il monumento che nessuno finora ha decifrato, merita d’essere ben studiato ed accuratamente conservato. Se potesse venir restituito al suo originario uso battesimale, acquisterebbe un alto valore, giacché in quella rozza tazza battesimale, vennero immerse per molti secoli centinaia di generazioni di cristiani; quando cioè al battistero di Dairago si portavano i nati di ben 46 paesi!
I SS. Aymo e Veremondo di Turbigo, fondatori del cenobio delle Benedettine di Meda, non furono forse immersi nel nostro fonte battesimale?
La tazza battesimale di Dairago apparisce bensì rozza; ma che meraviglioso poema simbolico non sa cantare codesto ignoto e semplice artista, che mille anni e più fa ideò e scolpì quei quattro angeli coi simboli sacramentali!

Il ripristino del battistero
Il 18 giugno seguente, sempre sulle pagine del giornale “L’Italia”, il Cardinale rievocava il ripristino dell’antico battistero dairaghese:
A ricordo della Visita Pastorale, il buon Prevosto di Dairago si è affrettato a restituire al primitivo suo uso la tazza battesimale istoriata, di cui si diede notizia qualche settimana fa! Scartabellando nell’Archivio Parrocchiale, si è trovato che nel giugno 1570, quando San Carlo visitò la Pieve, esistevano appena le rovine dell’antico sacello del battistero, distinto e separato dalla Chiesa, come voleva la primitiva disciplina.
Quella vecchia tazza con quei sgorbi di angeli scolpiti da mano Longobarda un migliaio di anni fa, dovette fare a San Carlo un’impressione meno buona. Forse i secretari e notari che l’accompagnavano, ci aggiunsero le impressioni loro. Il Santo fini per trovare che la vasca era brutta, che era troppo piccola, che era sconveniente per un uso così sacro, quale il battesimo! Siccome poi il Borromeo né era archeologo, né allora aveva al suo seguito alcuno che gli spiegasse il valore storico del cimelio coll’arcaico simbolismo battesimale di quei quattro angeli colla Croce, col Vangelo e colla chiave del Paradiso in mano, l’Arcivescovo finì per ordinare senz’altro che, pena la proibizione di battezzare più a Dairago, si erigesse un nuovo battistero e una nuova vasca, nell’interno della prepositurale.
Si vede tuttavia, che lo stesso San Carlo non era interamente persuaso dell’opportunità del suo reciso provvedimento; perché nello stesso decreto, soltanto qualche riga appresso, egli si riprende, e dichiara esplicitamente, che la vecchia tazza battesimale allora potrebbe benissimo venir conservata al suo millenario uso, qualora intorno le si erigesse un degno battistero nell’interno della chiesa.
È precisamente quello che, dopo tre secoli e mezzo, ha inteso di fare lo zelante Preposto di Dairago D. Paolo Crespi, il quale, a memoria del Santo Arcivescovo, ha collocato altresì questa lapide:

 UNDE • M • ANTE • ANNOS
TOTIUS • PLEBIS • DAIRACI
ORIGINALIA • ABLUTA
SUNT • CRIMINA
PAULUS • PP • CRESPI
AD • S • KAROLI • BORROMEI • VOTUM
PRESTINO • RESTITUIT • USUI
ANNO • MDMXXXIX

L’antica vasca battesimale
dove or fanno quasi X secoli
le Parrocchie della Pieve di Dairago
vennero a lavare la colpa originale
PAOLO CRESPI PREPOSTO
in omaggio al voto di S. Carlo Borromeo
restituì al pristino ufficio
l’anno del Signore MCMXXXIX

Il cardinal Schuster, l’anno successivo, raccolse le sue “note di visita pastorale” nel volume che egli, con termine greco, intitolò Odoporicon 1939, cioè diario di viaggio, pubblicato a Milano nel 1940.
Nel 1999 la cappella del battistero è stata ampiamente rinnovata, con la nuova pavimentazione di forma ottagonale, fatta riutilizzando alcune beole che ricoprivano le antiche tombe venute alla luce durante lo scavo archeologico.
Il fonte battesimale, ripulito e collocato al centro dell’ottagono, poggia ora su un tronco di colonna in granito bianco.

Gruppo di Ricerca Storica

Tratto da: GRSD, San Genesio di Dairago chiesa madre,
Dairago 2000, pp. 33-37