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Il dialetto: Segni qui usati e proposti nella trascrizione

La grafia del dialetto non risulta codificata, ma si rifà al codice a noi più vicino ovvero quello che usiamo ordinariamente per comunicare tutti i giorni: l’italiano.

E, per i suoni (specie vocali) non contemplati nell’italiano, spesso negli anni addietro si ricorreva a quello francese. Ultimamente pare si ricorra piuttosto al tedesco.

Nota di costume. La diffusissima pratica di scrittura dei messaggini col cellulare ha introdotto, tra l’altro, la k in luogo della c dura. Un’operazione sbagliata?
(E chi digita ancora che invece di ke?).

Si propone al lettore la seguente tavola dei segni.

å [] o aperta come brocca. (Si utilizza questo segno per rispetto della vocale a da cui è partito il mutamento sonoro)  
e [e] chiusa come in neve
ε [ε] aperta come in cioè
c [t∫] dolce come in cera e in micio
k [k] dura come in cane, in barche e in quadro
g [d] dolce come in margine e in bigio
gh [g] g dura come in gatto e in ghette
gl [λ] come in aglio
gn [] come in gnocco
o [o] chiusa come in mattone
ö [ø] come nel tedesco Föhn e nel francese peu
s [s] come in festa
š [∫] come in scemo e in scialle
z [z] come in rosa
dz [dz] come in zona
ts [ts] come in vizio e pazzo
[] come nell’inglese casual e nel francese frigidaire
ü [y] come nel tedesco über e nel francese parure
h: non indica alcun suono. Assolve a due funzioni: la prima, di ricordarci che la lettera g, dal quale è preceduta, è dura [g]; la seconda, di caratterizzare le voci del verbo avere (cosí tutte iniziano con la h, eccezione il participio passato)
n: posta in apice a una vocale, la nasalizza. Es.: muon ‘gelso’; pan ‘pane’.  
₪: Per i suoni espressi con le lettere a, b, d, f, i, l, m, n, p, r, t, u, v vedi l’italiano.
₪: Accento tonico. Viene omesso quando cade sulla sillaba di una parola piana (p.es. in a munteza ‘il colle, un rilievo’, l’accento è sottinteso sulla e).
È sottinteso anche sulla nasalizzata (come in pardon ‘perdono’).
Nel caso di blocchi vocalici, lo si sottintende sulla penultima vocale (p.es. in Dzaia ‘Isaia’, è sottinteso sulla i).
Sempre, comunque, è espresso quando è su una vocale del blocco in coda di parola polisillabica (come, p.es., in a masúia ‘la falce messoria’).

Caratteri ottenibili in windows.
Per ottenere i caratteri nascosti che qui servono, si entri in Start > Programmi > Accessori > Unità di sistema > Mappa caratteri.
Altrimenti, si digiti la combinazione di tasto Alt insieme al numero (codice) che interessa:
 å Alt 0229
 í Alt 0237
 ö Alt 0246
 ü Alt 0252

 Serviranno anche i seguenti:
 ó Alt 0243
 ú Alt 0250
 ε digitare la e, poi evidenziarla e trasformarla in font Symbol
 š Alt 0154

Ma, più rapidamente, si trova quasi tutto prendendo la via Inserisci > Simbolo ... Se interessa la trascrizione fonetica IPA, si visitino i siti:
 http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/san_car/fonetica/trascita.htm
 http://www.arts.gla.ac.uk/IPA/ipachart.html

Premesso che nella scrittura dialettale non c’è una codificazione accolta unanimemente da chiunque vi si cimenta, al lettore cui si propone la tavola dei segni adottata in questa Presentazione balzano all’attenzione due aspetti. Da un lato, la grafia con cui si presentano le parole gli apparirà di primo acchito artefatta, abituato alla maniera italiana (del resto più che familiare). Ma d’altra parte, noterà che è maggiore la quantità di espressioni catturabili e registrabili con fedeltà in relazione alla pronuncia.
Omografia. Ancorati alla grafia italiana, p.es., molte espressioni dialettali pur vicine ma non identiche nel suono (cioè non omofone) finirebbero per essere scritte nello stesso modo. Con la tavola dei segni proposta, forse, si rispetterebbe di più la differenza nello scritto, come in parte si può dedurre dall’esempio sottostante che presenta alcune coppie di termini quasi omofoni:

pesu / pezu ‘pesce’ / ‘peso’
šapåå /skapåå ‘sepale’, ‘siepone’ / ‘scappato
šeza / šiéza ‘siepe’ / ‘ciliegia’
sembia / zεmpia ‘scimmia’ / ‘racconto, fiaba’
verdzi / vεrtsi ‘verze’ / ‘versi’