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I diari: Carlo Gervasoni

Anno 1915 - Carlo Gervasoni

Introduzione al diario del sergente Carlo Gervasoni di Felicita Bernasconi

Non deve stupire la pubblicazione del diario di Carlo Gervasoni, né nato né vissuto a Dairago, anche se molti operai e molte operaie del nostro paese sicuramente si ricordano di quel direttore severo delle tessiture "Caccia" di Busto Garolfo e "Fabio" di Villa Cortese, con i capelli rossi e la parlata autoritaria, da comandante. Quando abbiamo iniziato a pubblicizzare questa nostra iniziativa, domandando tramite Dairago e Orizzonti la collaborazione dei cittadini del paese perché ci affidassero i loro ricordi personali, o la memoria dei parenti già morti, oppure ancora i documenti e le testimonianze materiali di come i cittadini di Dairago hanno vissuto da soldati le guerre del secolo passato, non siamo stati rigidi nella nostra richiesta. Se così volevano, i nostri compaesani potevano regalarci la memoria dei loro cari, anche se questi erano nati e vissuti lontani dal nostro paese. Cercavamo in questo modo di non escludere dal nostro libro quelle persone che ora vivono qui, ma i cui genitori e i cui nonni avevano altrove le loro radici. In questo modo ci è capitato tra le mani questo diario, le memorie di guerra dello zio di chi scrive, fortunosamente ricomparse dopo essere state a lungo ignote a tutti grazie alla curiosità di una ragazzina: la pronipote dello "zio Carletto", Alice, che frugando in vecchi cassetti ha ritrovato un piccolo libricino nero, un vecchio notes per appunti; datato 1915. Ma la presenza in questo libro del diario di Carlo Gervasoni non si giustifica solo in base a questi criteri, i criteri di raccolta del materiale del nostro libro, che sono stati evidentemente molto empirici e poco "scientifici"; vi è un'altra motivazione, che risiede nell'interesse intrinseco di questo testo autobiografico: se mai capitasse nelle mani di qualche "addetto ai lavori", questo scritto potrebbe essere una delle cose più notevoli. Se noi avevamo pensato in un primo momento di pubblicarlo per riempire un vuoto - quello dovuto alla scarsità di testimonianze da noi reperite sui soldati dairaghesi durate la Prima guerra mondiale - abbiamo poi scoperto, grazie al casuale intervento di uno di questi "addetti ai lavori" storiografici, che queste memorie riempiono un vuoto un pò più grande e un pò più importante, che riguarda non solo Dairago, ma tutta quanta l'Italia. Pare infatti che gli storici della Prima guerra mondiale abbiano a loro disposizione una notevole quantità di diari di ufficiali, mentre più scarse sono le memorie dei soldati semplici o dei sottufficiali (come lo zio, che riceve i suoi primi gradi alla fine della storia narrata in questo diario), per gli ovvi motivi che ciascuno immagina, dovuti alla scarsissima alfabetizzazione della popolazione italiana dell' epoca. Se dunque, oltre a tramandare il ricordo dello zio, la pubblicazione qui del suo diario potrà servire anche a studi più importanti di quel che vuole essere il nostro libro, ben venga. Ma se anche questa pubblicazione rimarrà utile solo a tramandare la sua memoria, non ci dispiacerà. Da questo moto di elementare pietas era nata, e ben può risolversi in esso, la nostra prima idea di questo lavoro.

PREFAZIONE di Marisa Gervasoni La Marca

L'autunno scorso, nel curiosare tra i vecchi libri lasciati in bell'ordine in un piccolo armadietto messo a sostegno del televisore in casa della bisnonna Franca, defunta da pochi mesi, mia nipote Alice, di tredici anni, trovò un minuscolo notes, per appunti, datato 1915, che subito attirò la sua attenzione.
Era scritto con una calligrafia ordinata e regolare ma così minuta e fitta che, con difficoltà, riuscimmo a capire che si trattava del diario di guerra del bisnonno Carletto, bersagliere che all'età di vent'anni era stato inviato in zona di guerra sul fronte orientale, tra il Friuli-Venezia Giulia e la Dalmazia, esattamente il 24 maggio 1915, giorno in cui l'Italia aveva dichiarato guerra all'Austria.
Si trattava della Grande Guerra Mondiale del 1915-1918 e l'esercito italiano era guidato dal Gen. Luigi Cadorna. Alice, interessatissima,mi pregò di trascrivere il diario, cosa che feci subito, malgrado la difficoltà di lettura e di interpretazione di alcune espressioni del gergo militare, mantenendomi nei limiti del possibile, fedele al testo. Per quanto riguarda il nome delle località dalmate menzionate nel diario, essendo scritto in lingua originale, ho dovuto accontentarmi di riportane solo una parte con la dizione italiana, avvalendomi dell'aiuto di atlanti dell'epoca e di cartine topografiche del luogo, tenendo presente che alcune località erano così piccole da non essere prese in considerazione dai geografi. Sono comunque soddisfatta del mio lavoro in quanto mi ha permesso di mettere a nudo una parentesi di storia vissuta in prima persona da giovani che amavano la loro patria sinceramente, pronti al sacrificio della loro vita per difenderla. Piccoli eroi sconosciuti che non sapevano di esserlo, che malgrado la paura degli attacchi all'arma bianca, al terrore dei bombardamenti, alle inaudite sofferenze del freddo e della fame trovavano ancora la forza di ubbidire agli ordini e di continuare a combattere, esaltandosi negli assalti contro un nemico che odiavano in quanto tale, ma che nel loro cuore apprezzavano in quanto soldato come loro e come loro esposto alla morte violenta e onnipresente. Mi sono domandata sovente, mentre continuavo la trascrizione, come facesse un giovane di vent'anni a scrivere quel quadernetto, nelle condizioni in cui si trovava. Certo doveva essere un "duro", pieno di coraggio e iniziativa: la croce di guerra sul campo, le tre stellette e la nomina a sergente stanno a dimostrare il suo valore di soldato impegnato e sprezzante del pericolo.
Il diario termina qualche giorno dopo la nomina di sergente istruttore che il bisnonno accetta senza alcun entusiasmo, forse anche perché pensa di dover trascorrere il resto della sua ferma nella solita routine di caserma, un mondo tranquillo e sicuro ma non consono al suo carattere e al suo modo si vivere, pieno di attività e di idee da realizzare. Al contrario, dopo poche settimane di meritato riposo a Barletta, cittadina in provincia di Bari, sul mar Adriatico, venne l'ordine di tornare al fronte e qui il sergente Carlo Alfonso Gervasoni, rimase come addetto alle teleferiche per altri due anni e mezzo, per un totale complessivo di trentasei mesi; vale a dire fino alla fine della guerra. lo ebbi la fortuna di conoscerlo un anno prima che morisse di infarto, improvvisamente, a sessant'anni. Aveva conservato una figura atletica; i capelli rosso fiamma, gli occhi verdi e penetranti, il modo di parlare spiccio e conciso, che gli davano un'aria autoritaria e abituata al comando. Al primo impatto non sembrava una persona socievole e io ne fui respinta ed attratta allo stesso tempo. Poi, a poco a poco, chiacchierando del più e del meno, vennero a galla le sue passioni per il frutteto e il giardino, che amava curare personalmente, il suo hobby per la pittura al quale dedicava metà delle sue notti e dei suoi giorni liberi, ed il piacere di inforcare ancora, qualche volta, la sua moto da corsa per sfrecciare sulle stradine poco battute di campagna, come ai bei tempi, l'aria sferzante nei capelli e sul viso l'inebriante profumi dei boschi e dei campi nell'aria. Parlammo anche del suo lavoro, come direttore tecnico del Cotonificio di Villa Cortese (Milano), che assorbiva tutto il suo tempo e le sue capacità lavorative e per ultimo, saputo che io abitavo in un paesino montano della Svizzera, mi parlò con entusiasmo e nostalgia delle belle montagne italiane che aveva tanto amato e del desiderio di poter tornare, un giorno, a rivedere le indimenticabili cime delle Alpi Giulie, sulle quali aveva trascorso tre anni memorabili. Ma la sorte, questa volta, non gli fu propizia e lo colse la morte prima che il suo sogno si avverasse.

"Ricordo della Guerra italo-austriaca - Anno 1915.

24/05: come partecipando ad una storica passeggiata varcammo il confine italiano alle ore sei antimeridiane, occupando più tardi Lyvi, abbandonato in fuga dai tedeschi, mentre gli alpini della nostra destra salivano sulla maestosa vetta del monte Kuk.

25/05: chiamati ad un'azione sul basso Isonzo, arrivammo un quarto d'ora dopo dell'85° Fanteria che ci sostituì. Sfiniti, affranti per la faticosissima marcia, ritornammo più a sinistra, collocandoci di riserva sul paesello da poco redento: Idrsko.

26/05: alle ore dieci antimeridiane ci mettemmo in marcia sviluppando un'azione dimostrativa sul monte Kuk (2086 m) mentre un caldo soffocante ci arrostiva. Non abituato ai variabili cambiamenti di temperatura della montagna ne soffrivo intensamente, togliendomi l'appetito e le forze. Me ne accorsi mio malgrado in questa faticosissima marcia in cui fui costretto a gettarmi a terra, dopo aver tentato più volte di proseguire il cammino con il reggimento. Abbandonato sul ciglio del monte, ripresi la via dopo mezz'ora, raggiungendo i compagni a Linoz. Era la prima volta che mi buttavo e me ne vergognai.

27/05: accantonati a Linoz, attendiamo l'arrivo delle artiglierie per riprendere l'avanzata.

01/06: tappa orribile, di una durezza mai provata. Marciammo per dimostrazione per più di sette ore equipaggiati, a mezza costa del monte Nero (2245 m) privo di sentiero. Arrivati a Yama ci portammo sulle alture dove disponemmo i piccoli posti. Toccò a me montare di servizio.

02/06: passai la notte senza provar sonno ed al mattino lasciammo i piccoli posti e ci ritirammo da Yama, mentre udivamo gridare i nostri compagni: "SAVOIA!" ed andare all'assalto in mezzo al crepitio delle mitragliatrici, impegnati in un furioso combattimento per la conquista del monte Matajur (1641 m). Ritornai a Yama stanco morto, la testa ancora rimbombante degli spari e degli scoppi.

04/06: l'assalto del due giugno fu terribile e causò lo sfacelo del reggimento, dopo di cui ci recammo a Caporetto e nella località di Svino ci attendammo. Usufruendo di un breve riposo, rimpiazzarono nelle file i caduti con altri nuovi sopravvenuti ed il nostro reggimento restò a disposizione del Quarto Corpo d'Armata, mentre il mio Battaglione era a disposizione della Brigata Salerno, come Battaglione Speciale. In questa giornata appresi con raccapriccio l'ingentissimo numero dei nostri caduti.

05/06: sono a Svino. Già si comincia ad essere privi di ogni sorta di viveri che non siano militari. Tutti i venditori vengono scacciati a causa di infedeltà al nostro governo. Vennero pure fucilati sotto il ponte che conduce a Idrsko sei borghesi tedeschi, per aver sparato su diversi nostri feriti che si ritiravano dal combattimento.

06/06: tornando dal lavoro, essendo addetti alla costruzione di trincee contro un' eventuale ritirata, accompagnammo le care salme dei nostri alti ufficiali caduti, con grande pompa.

17/06: ero all'istruzione per il lancio delle granate a mano. Lo scoppio di una di esse causò una tremenda ferita alla gola del mio compagno di tenda, uccidendolo sul colpo. Ne provai un'angoscia terribile ed una specie di orrore s'impossessò di me. Costui è stato il primo uomo in vita mia che ho visto stramazzare davanti a me, ferito a morte.

20/06: è domenica. Piove incessantemente costringendomi a rimaner sepolto sotto la tenda. Verso sera arrivano nuclei di rinforzo a rimpiazzare gli eroici caduti dei giorni 1-2-3 corrente mese.

21/06: dormivo saporitamente, quando diversi colpi di fucile mi destarono di soprassalto. Le sentinelle da ambo le parti gridavano all'armi e le pallottole fischiavano da vicino. In tutti gli animi nacque il dubbio di un accerchiamento e venne ordinato di armarci. Invece, poco dopo, il tenente di picchetto portava la notizia che non si trattava di accerchiamento nemico, bensì del raptus improvviso di un giovane caporale impazzito per cause ignote, che si era dato la morte sparandosi col suo fucile. Quasi con rancore tornai sotto la mia tenda.

01/07: circolano voci su una prossima azione. Già fervono i preparativi per un'imminente partenza.

02/07: all'appello serale il tenente di giornata ci comunica la nostra collaborazione nella conquista del Monte Nero.

03/07: partimmo alle ore 10 antimeridiane col puro corredo necessario. Alle sei di sera arrivammo ai piedi del Monte Nero, nascosti in un bosco. Penso ansioso a cosa succederà domani.

04/07: sono ancora nel fitto bosco; siamo pronti a partecipare allo svolgimento delle azioni. Il mio Reggimento è di rinforzo per ora, e attende un comando che ci chiami. Ma per tutto il giorno rimaniamo in una inutile attesa. 05/07: lasciammo il bosco di Bunveik il mattino seguente e sostammo a Smast per il rancio. Riprendemmo il cammino a mezzogiorno, sotto i raggi cocenti e sferzanti del sole, avvicinandosi alle tortuose rupi del Monte Nero e ci inerpicammo fino alla sommità del Monte Pleka, ove sostammo per consumare la scatoletta. Appena calate le tenebre ci rimettemmo in marcia, e, varcando monti e valli, ci dislocarono in luoghi a noi completamente sconosciuti.

06/07: finalmente all'alba di questo giorno raggiungemmo il luogo assegnatoci. Demmo immediatamente il cambio ai nostri Alpini e col far del giorno rafforzammo le posizioni. Posti insidiosi e scoscesi, ricchi di sorprese e di guai. Mentre ero al comando di un Piccolo Posto, fui fatto segno da diverse fucilate attraverso un fitto fogliame che mi dette molto da fare e da pensare. Vergine ancora di attacchi, non sapevo come agire. Chiamati rinforzi, ne ebbi un reciso rifiuto dal mio tenente che se ne stava vigliaccamente nascosto in un burrone, con almeno il doppio dei miei uomini.

07/07: di notte, accingendoci a scavare passaggi per raggiungere le linee nemiche, fummo presi di mira dagli austriaci che ci costrinsero a ritirarci in trincea. Ma subito dopo, con un energico contrattacco, mettemmo in fuga gli assalitori.

09/07: nulla di notevole, salvo qualche fucilata. Montai di vedetta ai Piccoli Posti in una nottata buia e polverosa.

10/07: un orribile uragano, mai visto in vita mia, scoppiò verso sera e continuò tutta la notte. Stavo raggomitolato sul mio zaino e sulle spalle avevo la mantellina bagnata all'estremo. Malgrado il tempo orrendo, quegli infami tedeschi ebbero il coraggio di scendere dalle loro posizioni e di muovere attacco contro di noi. Smascherati ebbero da noi una lezione indimenticabile. Invano il Maggiore cercava di far cessare il fuoco. Ma noi Bersaglieri risoluti, uscimmo dalle trincee e sparammo a tutto spiano. Anche questa volta la fortuna ci fu favorevole e avemmo pochissimi feriti.

11/07: vegliammo pronti ad ogni sorpresa, conoscendo il piano ardito dei nostri Alpini sul lato sinistro.

12/07: lavorando di notte per la continuazione dei camminamenti che si inerpicavano sul monte, fummo allora disturbati dalla fucileria nemica.

13/07: vegliammo senza alcun allarme in trincea.

14/07: le continue piogge mi ridussero la trincea come un pollaio. Tutte le fortificazioni sono bagnate e le armi coperte di fango. Malgrado le vestimenta intrise d'acqua, dormii alla meglio e saporitamente.

15/07: sono comandato di pattuglia. Ero sotto la linea nemica di notte, verso le 24, quando si rimise a piovere. Molestammo il nemico con poche fucilate, mentre io ero intento a fabbricare reticolati, poi scesi carponi tra l'immensa fanghiglia. Arrivai alle nostre linee inzuppato di pioggia e di fango come un maiale.

16/07: di buon'ora, ancora bagnato dal servizio di ieri sera, sono comandato di corrispondenza. Rallegrai la giornata con un bel caldaio di patate bollite.

17/07: abbiamo ritardato il cambio in trincea. Venne rimandato a domane causa il maltempo. A causa di ciò rimanemmo anche senza viveri.

18/07: calata la notte arrivò il cambio. Indietreggiammo fino a un paesello delle retrovie ove ci fermammo fino al mattino seguente.

19/07: avendo riposato sul terreno bagnato, mi svegliai al mattino paralizzato dal freddo; un'aria tagliente proveniva dal Monte Nero, abbassando la temperatura a 5 o 6 gradi sotto zero.

20/07: si attende l'arrivo di un battaglione di fanteria a darci il cambio. Voci ottimiste prevedono il prossimo cambio nella zona di Tolmino. Verso sera arrivano i primi uomini e ne seguono per tutta la notte.

31/07: causa il ritardo verificatosi nella truppa che doveva darci il cambio, dovemmo ritardare la discesa dal Monte Rosso. L'artiglieria nemica, dopo aver scorto parecchio movimento di truppe sulle nostre linee, diresse i tiri sull'unica via di discesa, obbligandoci a tentare oltre.

01/08: siamo tornati di nuovo sul Monte Pleka, dove ci attendammo.

02/08: riposo generale del Battaglione. Avvertii verso sera una forte costipazione. Tutti sono ammalati; non più un soldato, non più un ufficiale è in grado di prestar servizio.

04/08: già scemano le speranze di un prossimo riposo. Voci vaghe, assumono opinioni controverse. Pioggia alla sera.

05/08: si spera in un trasferimento a Tornovo. Già da molti giorni non ricevo posta da casa e ciò mi rattrista. Spero in bene.

08/08: riavetti ottime notizie da casa e ritornai di buon umore. Leggendo sul giornale le esaltanti ed esagerate parole di eroismo dei soldati italiani, penso purtroppo con molta apprensione al prossimo assalto.

09/08: dall'alto del monte a sera, ammiro le sembianze della natura dei monti che ci circondano. Tace persino il cannone. E' la quiete che precede la tempesta.

12/08: giorno pieno di ansia e di aspettativa. Entrammo in trincea a sera calata. Dormimmo sopra gli zaini ed una fresca acquolina ci venne ad accarezzare le spalle. Notte di buio pesto; a malapena si riusciva a scorgere la figura di un uomo a una passo di distanza.

13/08: il comandante del battaglione comunica a noi tutti il prossimo intervento nell'azione futura sul monte Sleme. Levammo le tende e ci avviammo di notte alle trincee del suddetto monte.

14/08: alle quattro e trenta del mattino salimmo sulla vetta dello Sleme. Appiattati in un fitto bosco attendemmo la fine del bombardamento, che cominciò terribile e furioso fin dalle ore cinque antimeridiane e continuò così per quasi tre ore. Contai in un solo minuto ben ottantasei colpi lanciati sulle postazioni nemiche. Alle 14 pomeridiane un fonogramma del generale ordina al colonnello l'assalto. Di fatto ci schierammo noi per primi; veniva poi di rinforzo uno degli altri due battaglioni del reggimento. Che accadde? Non lo so, né saprei spiegarmelo. Troppe cose successero in un quarto d'ora. Più di ottocento uomini fuori combattimento! Non udii altro che grida "SAVOIA!" rauchi o spezzati in gola da qualche pallottola ad un eroico bersagliere, urla di rabbia o di dolore, rumori, invocazioni, pianti e comandi. La bufera di piombo imperversava furibonda falciando squadre intere alla volta. Non so cosa fecero gli altri ma non so nemmeno dire quello che feci io. Mi ricordo di essermi ad un tratto trovato dietro ad un cespuglio di biancospino, mentre le granate mi passavano sopra il capo alla distanza di un capello; ne udivo il fruscio terribile seguito dalla puzza rivoltante dei gas che mi facevano perdere la ragione. Sudavo, ma sudavo così tanto che bagnai due fazzoletti interi. Rimasi immobile, nella stessa posizione per più di un'ora, ma i pezzi nemici tuonavano ancora maledettamente. Solo una lunga processione di feriti vidi fuggire e tutt'intorno innumerevoli cadaveri mi tenevano compagnia. Finsi di fare il morto anch'io e a sera tardi mi lascia scivolare all'indietro, verso il basso. Per quanto mi dessi da fare a cercare qualcuno del mio battaglione più nessuno trovai. Salvo pochi superstiti. Rimanemmo in sessanta.

15/08: i rimasti del battaglione furono comandati di corvée per il reggimento. Salendo con uno zaino pieno di bottiglie di rhum mi trovai col mio amico Moiola. Fu un momento felice perché potei dare sfogo con lui a tutte le mie amarezze.

16/08: attacco notturno. Continua incessantemente il fuoco delle artiglierie nemiche sulle nostre postazioni. Alle 9 antimeridiane uno shrapnel nemico colpiva il mio caro Giovanni uccidendolo all'istante. Sembrava prevedere la sua fine tanto ne parlava in questi ultimi giorni. Il mio cuore è pieno di dolore ma la guerra non ci dà spazio per soffermarci su queste inezie. La morte è diventata per noi una nostra sorella.

18/08: continua il lavoro per rinforzare la nuova posizione occupata. Si accenna ad un attacco notturno per questa notte. Continua il duello delle artiglierie; cominciò al crepuscolo e terminò all'alba. Frequenti furono pure gli attacchi della fucileria e delle mitragliatrici. Ecco quanti siamo rimasti a tutt'oggi:
Reggimento uomini 600 su 3000;
Battaglione uomini 100 su 1000;
Compagnia uomini 32 su 165/225.
Ormai agisco come un automa; non vedo che morte tutt'intorno e nessuna speranza mi accende il cuore. Nulla mi fa più ribrezzo né orrore, tutto sembra un mestiere qualunque, un lavoro di routine.

19/08: manteniamo le posizioni, malgrado le difficoltà. Sono ancora stordito dagli innumerevoli scoppi di questa notte, conseguenza dell'attacco notturno. Tra gli spari di shrapnel e le urla strazianti della morte, anelo una ferita onde por termine a queste insopportabili pene. Dormendo sotto un macigno, mi svegliai tutto bagnato. La pioggia arriva sempre silenziosa ed improvvisa a queste altitudini.

20/08: mi coricai in trincea e vi rimasi tutto il giorno a riposarmi in attesa del peggio, ormai.

21/08: tutto tace, ma l'impronta della morte giace.

22/08: notte fredda ed uggiosa. Ne seguì un giorno umido, grave e gelido, giorno di vaghe speranze di lasciare questo maledettissimo luogo di morte.

23/08: sino dall'alba un languido raggio di sole sembra passare furtivamente tra i folti rami spezzati dai proiettili, riscaldandomi un pochino le membra intirizzite. Quest'oggi pare che il nemico si sia addormentato, tanto è vero che in tutto sparò pochi colpi di cannone verso l'imbrunire.

24/08: ricevemmo truppe di complemento da Milano per colmare i vuoti in parte rimasti. Sono undici giorni che non scrivo a casa. Che diranno i miei?

25/08: verso sera ci salutano le solite cannonate. Che siano stanchi anche loro?

27/08: malgrado il susseguirsi degli avvenimenti e gli innumerevoli pericoli, mi coricai ben satollo nel mio buco di topo e mi addormentai.

28/08: attaccammo nuovamente le posizioni nemiche. Coadiuvati dalle grosse artiglierie non riuscimmo nemmeno questa volta a sfondare.

29/08: trincerato come in una caserma contemplavo gli "effetti" degli shrapnel nemici. Verso sera un furibondo temporale distrusse il mio tanto amato giaciglio.

30/08: imperversava un furioso uragano, rovesciando acqua a catinelle. Ricevetti l'ordine di riunire i miei uomini e scendere da Monte Sleme per recarsi a Smats. Accucciato sotto il telo tenda, attesi che la pioggia torrenziale cessasse. Fu un grande errore quello! Rigagnoli d'acqua caddero nella tenda e fui costretto ad uscire all'aperto. Zaino e coperte galleggiavano nell'acqua come barchette e la pioggia continuava a cadere. Sciaguratamente la notte calò presto e tutto fu avvolto nel buio fittissimo che ci impediva di vedere ad un dito dal naso. Cominciai a discendere ma inciampai in sassi ed in corpi di uomini esanimi che cascarono nel burrone sottostante. Un senso di raccapriccio e di timore s'impossessò della mia persona e per breve rinunciai a muovermi, come paralizzato dal terrore. Mi trovavo a cavallo di un albero che sporgeva sul baratro ed io mi tenevo abbracciato a lui come all'unica ancora di salvezza, mentre gruppi di due o tre compagni cascando sul terreno melmoso e ripidissimo, scivolarono sulla pietra viscida, trascinando tutto con loro. Ne sentivo le fiacche invocazioni, le suppliche d'aiuto dal fondo del burrone, ma nessuno osava né poteva portare loro soccorso. Poveri figli! Stetti così fino a che la luna uscì dalle nuvole, dopo mezzanotte, sconvolto da quei lamenti che diventavano sempre più deboli e fievoli. Poi abbandonando il mio tronco, misi pancia a terra ed al tenue chiarore lunare, gradatamente, premendo le unghie nel terriccio della parete, mi lasciai scivolare verso il basso. Dopo infiniti sforzi arrivai alle vecchie trincee sotto forma di un cencio infangato. Toccato il piano tutto passò e con passo veloce raggiunsi i colleghi che già vi si trovavano, qualche chilometro più avanti.

31/08: arrivai al mattino di buonora a Smats dove ci fermammo a prendere il rancio ed il caffè; poi, verso sera un altro ordine ci fece levare le tende di nuovo per altra destinazione.

01/09: lasciammo Smats per recarci a Temovo, poi proseguimmo per Saga, facendo parte della divisione speciale dei Bersaglieri. Ci trincerammo all'osteria e rimanemmo parecchio tempo in riposo; tuttavia si sperava nel cambio della Divisione. Ma pare che il tempo non sia ancora maturo.

09/09: già ci fanno riordinare per le prossime azioni. Come mai mi prude tutto il corpo? Maledizione! La cavalleria rusticana mi piglia alle spalle. Rimasi inorridito del mio stato ma dovetti assoggettarmi, e con santa pazienza fui costretto ad ucciderli ad uno ad uno. Questa, fra le altre non me l'aspettavo e penso con schifo che ne avrò per tutto il tempo della guerra.

10/09: tutto è pronto. Non aspettiamo altro che il momento di partecipare all'azione.

11/09: rumorosa s'intreccia la mitraglia con il cannoneggiamento della artiglieria, che si intensifica. Si odono le raffiche delle mitraglie che non cessano un momento.

13/09: ci munirono di pinze taglia fili e bombe a mano. lo, comandante una pattuglia di esploratori, sono fra questi. L'azione continua e sembra favorevole. Noi, essendo di riserva, attendiamo sempre gli eventi per schierarci. È un'attesa estenuante, che ci rende nervosi e insofferenti.

14/09: continua il bombardamento con il mortaio da 260 del forte Mensee.

16/09: gli austriaci, non potendo più riconquistare i paesi perduti, li bruciano barbaramente con bombe incendiarie.

18/09: il Sesto Bersaglieri si dette prigioniero, ed espressamente fummo chiamati a sostituirlo. Durante il tragitto ben tre granate di grosso calibro mi caddero vicino, coprendomi di fango e di terriccio, ma fortunatamente rimasi illeso.

19/09: occupammo una posizione ancora vergine nella Conca di Plesso alle truppe italiane del nostro Reggimento. Se ne erano serviti i tedeschi per accerchiare gli altri nostri soldati che ci avevano preceduto. Pigliammo posizione e ci trincerammo.

20/09: sotto i forti nemici di questa zona, sono cinque notti che veglio al chiarore abbagliante della luna, immerso nelle folti ed alte erbe.

21/09: durante la notte pattuglie nemiche si spinsero fino alle nostre trincee, senza però riuscire a nulla.

22/09: occupammo le trincee abbandonate dal VI Bersaglieri e prendemmo posizione emergente.

23/09: sono di piccolo posto, fuori dalla trincea, all'aperto ed allo scoperto, con una luna troppo compromettente. Durante la notte fummo presi di mira da mortai nemici, ma fortunatamente i colpi andarono a vuoto. Questa era una posizione pericolosa per chi montava di guardia, essendo il luogo troppo allo scoperto.

27/09: sono di pattuglia con quattro uomini. Tutto ad un tratto l'uomo di punta mi dichiara l'allarme. Avuto avviso della situazione, agii rapidamente e circondai due nemici appiattiti nell'alto granoturco, dichiarandoli prigionieri. Raggiante di gioia li porto in trincea ove subiscono un lungo interrogatorio. Dichiarano di essere venuti a lanciare bombe a mano in trincea.

28/09: piove da cinque giorni. Le trincee crollano e tutto si riduce in una rovina. La mia, fortunatamente, resiste ancora, ma continuo a rinforzarne le basi.

29/09: intenso fuoco di artiglieria sulla nostra posizione. Parecchie granate sollevarono terra davanti alla mia feritoia.

30/09: piove da una settimana. Ormai sono ridotto in condizione miserabili, senza panni, senza letto, senza ricovero.

01/10: rimasi dodici ore sotto una pioggia incessante ai piccoli posti. Rientrai in trincea all'alba, bagnato fino alle ossa. Pazienza! Tutto ha una fine e ci sarà anche per me. Il pensiero dei miei cari mi trattiene dal commettere spropositi ma lo farei volentieri.

02/10: il nemico bombardò le nostre trincee senza alcun risultato.

03/10: piove. Sono venti giorni che bramo un lungo sonno ristoratore. Tutte le notti si veglia. Una notizia strabiliante da casa. Abbandonerò il fronte? Fosse vero!

05/10: ecco già distrutta ogni speranza. Cado in una potente nostalgia per le cose lontane ed una grandissima disillusione mi stringe il cuore.

07/10: abbandonando con un certo rimpianto la mia vecchia trincea che mi aveva ospitato e difeso come meglio aveva potuto, ci spostammo in una valle nei dintorni di Plesso (Bovec).

08/10: all'una di notte ci diedero l'allarme ed ignorando la destinazione ci mettemmo in cammino. Arrivammo a Plunskei (Pluzna) e qui dovemmo cambiare più volte il campo, prima di attendarci.

09/10: accompagnato da un pattuglione di sedici uomini, mi addentrai da solo, nel cuore della notte, nella vecchia posizione a raccogliere gli oggetti dimenticati.

10/10: sono sul Monte Rombon di piccola guardia ad una rupe impraticabile, con 10 uomini.

11/10: uscimmo di pattuglia alle due di notte per esplorazione. Oscurità assoluta, illuminata tratti a tratti dai riflettori nemici, mi spinsi fino ai reticolati e rientrammo due ore dopo incolumi.

16/10: uscii ancora di notte, comandato di pattuglia, per prendere visione di un luogo sconosciuto al Comando e riportarne informazioni preziose per eventuali attacchi.

17/10: tornammo in seconda linea.

19/10: alle ore 9 antimeridiane iniziò una grande offensiva su tutto il fronte italiano.

20/10: ritorno in trincea.

24/10: continua un terribile bombardamento sulle linee nemiche.

28/10: giorno d'ansia terribile. Già mi credevo di fronte alla sicura morte. Ci ordinarono l'assalto al Piccolo Ravaik, ma poi vi rinunciammo per l'insuccesso ottenuto alle ali.

29/10: continua il bombardamento delle opere di difesa nemiche coadiuvate da dimostrazioni di fanteria allo scopo di cooperare all'azione in corso sopra Tolmino.

31/10: l'ordine del giorno annuncia il prossimo cambio di Divisione appena ultimata la grande offensiva in corso. In tutti i cuori si accende un bagliore divino di speranza, di sogni incredibili. lo però non ci credo; già troppe volte ci hanno ingannato promettendoci tutto ciò al solo scopo di sollevarci il morale che, per la verità, comincia a essere molto a terra.

01/11: già da qualche giorno nevica, le cime dei monti sono ammantate di bianco.

02/11: giorno di commemorazione dei compagni caduti. Uscii di pattuglia volontariamente in una notte scurissima, con un buio impenetrabile, mentre qualche goccia cadeva ad intervalli. Lo scopo mio era di sorprendere qualche vedetta, ridurla all'impotenza e trarla prigioniera. E tanto mi portai sotto, fino ai piccoli posti avversari, che potevo sentire le voci dei nemici. Ma questi, malfidenti della notte insidiosa, rafforzarono la guardia e mossero le pattuglie in perlustrazione, mandando a monte i miei propositi.

04/11: crollano le trincee travolgendo sotto le macerie innumerevoli Bersaglieri. Infuria una bufera senza limiti. Uscii di pattuglia alle ore 23. Avanzammo con infinite precauzioni per le fitte tenebre, poi tornammo alle trincee, dopo aver perlustrato la zona di fronte a noi.

05/11: piove maledettamente, e temo che crolli la mia trincea. Nessun segno di bel tempo appare.

06/11: uscii alla una di notte di pattuglia. C'è l'ordine di catturare ad ogni costo qualche prigioniero nemico allo scopo di rendersi conto delle forze avversane. L'occasione questa notte era ottima ma tant'io che il mio Tenente decidemmo di evitare ogni pericolo, perché, a quanto pare, questi sono gli ultimi giorni di trincea. Da fonte ufficiale correva insistente la voce del cambio di Divisione e per questo la pelle ci cominciava ad essere enormemente cara. Ci ritraemmo un pò dalla linea nemica e poi sparammo sul misero posto nemico una furia di fucilate. Essi non risposero, si limitarono a lanciarci ingiurie e buffonate. Rientrammo incolumi.

07/11: finalmente ecco il sole. Ci accingemmo subito a stendere sulle pietre le coperte ed il corredo, onde farli asciugare. Ma immediatamente l'artiglieria nemica cominciò il suo ritmico tiro, sempre però sbagliando mira. Ci ritirammo nelle nostre trincee aspettando la notte protettiva.

09/11: avuto il cambio della trincea andammo a Serpenizza, da dove credemmo sinceramente di tornare in Italia.

10/11: oggi compio un anno di ferma come Bersagliere. Colsi l'occasione, giacché mi trovo lontano dal fronte, per festeggiare l'anniversario. Entrai nella SS. Madre Chiesa di Serpenizza (Srebenica) a ringraziare Iddio per la mia incolumità, le pratiche religiose, le nozze che in quel momento si stavano celebrando, le preghiere del parroco, la musica, tutto mi ricordava la casa lontana, le rituali abitudini, e ne fui intimamente commosso. Si elevava diritta e maestosa sulla facciata del Municipio la lapide in onore e ricordo dei fratelli del Reggimento caduti per la Patria.

15/11: ecco già si parla di tornare in trincea. Un'onda di rabbia e di disperazione mi coglie all'improvviso e mi rende nervoso per tutto il giorno. Entrammo nei baraccamenti invernali in attesa del ritorno in trincea.

16/11: mangiavo saporitamente una bella bisteccona quando il caporale di giornata mi dette l'ordine di affardellare lo zaino. Mi si strinse lo stomaco ma ubbidii. Ed invece questa fu la volta buona: soddisfatto dei miei averi e fra le strette di mano degli amici, io e i miei compagni ci recammo a Ternovo. Nessuno sa cosa siamo venuti a fare qui. Comunque non è più la trincea. Si parla di un plotone allievi caporali, di rifornimento graduati. Attendo.

17/11: sono stanco di questa incertezza. Quale sarà la mia sorte? Sarà benigna? Sempre spero tale verità cara.

21/11: sono promosso sergente senza preavviso.

23/11: coi galloni d'oro faccio istruzione di caporale ad una decina di bersaglieri promossi. Non so perché ma questa promozione invece di rallegrarmi mi rattrista.

24/11: lasciammo Ternovo; con una marcia ininterrotta di 44 kilometri raggiungemmo Cividale. Arrivai e caddi privo di sensi, esausto. Riposai un pò e dopo essermi ripreso tornai coi miei compagni ma mi rimase un gran mal di piedi per tutto il giorno.

25/11: partii da Cividale con treno speciale alle ore 8 pomeridiane. Viaggiai tutta la notte addormentato in uno scompartimento di seconda classe.

26/11: arrivo a Barletta alle ore 9 antimeridiane. Sebbene un pò più pulito di quando abbiamo lasciato la trincea, la popolazione di Barletta guardandoci lasciava scorrere dal ciglio qualche lacrima.

27/11: rimiravo con discreta curiosità le mediocri vie di Barletta con un mio amico e collega. Mi incontrò per caso il mio Tenente che avevo al fronte, capo degli esploratori. Vistomi senza piumetto mi condusse alla propria abitazione e me ne donò uno. Non mi scorderò mai di questo dono e di chi me lo fece.

02/12: per la prima volta mi diverto un mondo. Questa è una giornata storica per me, la prima lontana dal fronte. Ne provai una gioia meravigliosa e mi abbandonai al divertimento più schietto per dimenticare al più presto tutti i patimenti e le sofferenze patite in tanti mesi di guerra. Quanto le gioie come i patimenti sono cose che passano e si susseguono...

03/12: apprendo con dolore la morte della mia nonna. Pace per l'anima sua.

04/12: tutti i giorni, in attesa delle nuove reclute, faccio istruzione ai caporali addetti ad istruire i medesimi".